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  • Immagine del redattoreDaniele Levis

Andamento lento


Andando piano lei trovò la felicità:

un bosco di carote, un mare di gelato,

che lei correndo troppo

non aveva mai guardato.

(Bruno Lauzi)


Un giorno sono uscito di casa per fare una passeggiata con mia figlia che aveva circa 3 anni. Ho portato con me un marsupio, legato alla vita, nel caso non avesse voglia di camminare. Infatti già quando stavamo per uscire di casa mi ha chiesto di prenderla in braccio e allora l'ho messa, con le gambe a ranocchio, nel marsupio, ho preso l'ascensore e sono sceso. Dopo pochi passi le ho chiesto se aveva voglia di scendere, lei mi ha risposto di no e io, dopo poco, le ho ripetuto la domanda. Tempo tre minuti mi ha chiesto di scendere. Tre minuti in cui avevamo fatto un bel po' di strada grazie al mio passo spedito. Dopo averla messa giù la musica è cambiata. Lei non aveva il mio passo. Lei si fermava ogni due metri per vedere quello che aveva attorno: un gatto dietro a un cancello, un fiore, un pallone in un giardino. A lei piaceva salire sui muretti delle recinzioni e camminarci sopra aggrappandosi con le mani alle ringhiere di ferro. Gli ripetevo di non toccare le ringhiere, i pali e i lampioni perché erano sporchi, ma lei amava farlo. Andava pianissimo e ogni tanto correva. Insomma non ero più io a comandare l'andatura. Era lei.

Eppure quante volte le ho detto di fare veloce, di stare al mio passo, perché io sono così. Noi adulti, noi genitori siamo così. Sempre di corsa. Fra il lavoro e la scuola, fra lo sport e le commissioni. Non abbiamo tempo. Lei no. Lei in quel momento aveva tutto il tempo del mondo. Io quando cammino penso a dove devo arrivare, allo scopo, alla metà. Lei no. I bambini vivono quel momento come se non ci fosse altro, come se il loro tutto fosse racchiuso in quell'istante.

Ecco perché, quella volta, facilitato dal fatto che non avevo particolari urgenze, ho deciso di non essere io al centro della scena. La scena era della mia piccola Marta. Io, come nella più classica delle coppie comiche, ero la sua spalla. Ho lasciato che fosse lei a guidarmi. È stata una bellissima esperienza. Completamente in balia di mia figlia che dettava il tempo anche per me.

Anche Mahatma Gandhi, con la sua sempre pungente ironia, ammoniva noi occidentali dicendoci che abbiamo l’ora ma non abbiamo mai il tempo. Un monito che dovrebbe farci riflettere su quelle che sono le nostre priorità e su quella che è l’eredità che vogliamo lasciare a questo mondo, alle future generazioni.

Ma quanto è difficile seguire questi consigli! A parole sembra facile. “Parto prima da casa ed è fatta”; oppure: “Anche se arrivo tardi pazienza”. A parole… ma nei fatti è tutta un’altra faccenda.

Mi rendo conto che ricasco continuamente nella frenesia, nella velocità, un po' come se qualcuno o qualcosa mi impedisse di partire in largo anticipo, di perdere un po' di me stesso per far posto ai miei figli. E quel che è peggio è che quasi sempre trovo una scusa. La colpa non è mai mia; è della società, del lavoro, della scuola, di mia moglie, di qualsiasi cosa o qualsiasi persona tranne che mia.

Vorrei essere migliore, vorrei avere la forza di vincere il mio egoismo sterile e di lasciarmi trasportare dai tempi dei miei figli, abbandonato alle loro bellissime, assurde, fantasiose e del tutto imprevedibili traiettorie, perché è una delle sensazioni più belle che un genitore possa provare.


Daniele Levis

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